8° giorno di vita del bebè.

Nome domestico del Signor Bebè: Topo, dai passanti detto anche Povero Bambino.
ore 9,30. Che bello, oggi porto fuori il Signor Bebè per la sua prima passeggiata in carrozzina, che così poi registrerò l’evento nel suo libro. Mmh, come mi stimo. E’ stata una faticaccia indescrivibile preparare sia me che lui. Ora però credo proprio che tutti mi guarderanno ammirati come l’eccezionale madre dell’Essere!
ore 9.50: a spasso. Che strano trovarmi qui a spingere questa carrozzina come ho sempre visto fare ad altre! Mi guardo intorno di sottecchi, ma nessuno stranamente fa caso a me. Come se avessi passato la vita a spingere carrozzine! Nessuno che mi guardi invidioso, né che si complimenti per non avere più quel pancione enorme che mi precedeva fino a otto giorni fa.
ore 10.15. Un passante mi ha tagliato la strada dicendo “Scusi, signorina!”. Ma allora pensano che il bebè non sia il mio Topo! Penseranno che sono solo la baby-sitter! Oh, no! Mi sono anche dimenticata a casa la fede! Devo sembrare troppo sprovveduta per essere una madre vera!
ore 11. Un paio di persone mi hanno guardata con un misto di sorriso e sospetto, complimento e scuotimento di testa. In compenso, ho indirettamente beneficiato della benevolenza che va al bambino. Mentre il bebè se ne sta zitto e buono, una signora si avvicina gentile, ma mi mette subito in guardia dal viziarlo. Pochi metri più in là il Topone attacca a piangere a tutti decibel. Ed ecco che spuntano da ogni angolo pedagogisti e pediatri provetti. C’è un passante che mi suggerisce di prendere subito in braccio il neonato, un’altra che profetizza che deve avere fame e un’altra ancora che scuote la testa dicendo che, se lo allatto io, sicuramente il latte non è abbastanza per lui. Un ennesimo passante decreta: “Ha le colichine, lo so perché io, di bambini, ne ho avuti due”. Ma il Piccolo, non si sa come, smette di urlare con la stessa imprevedibilità con cui aveva cominciato a farlo. Entro dal fornaio e, lì, i clienti in attesa del proprio turno spiegano che bisogna essere molto prudenti per andarsene così deliberatamente a spasso con una creatura così preziosa e bisognosa di più disciplina ma anche di più sollecitudine di quanta si presuppone che io ne sappia dispensare.
ore 13: finalmente a casa. Ripensandoci devo fare una confessione: anch’io facevo parte di quella nutrita schiera di persone che guardano alle giovani madri con supponente scetticismo. Della serie: ma perché non stanno più attente quando attraversano la strada mandando sempre avanti prima il passeggino (che peraltro mica te lo puoi trascinare dietro, tipo borsa della spesa con le rotelle!) e perché lasciano che il piccolo strilli (come se bastasse dire con autorevolezza a un neonato di tacere perché lui lo faccia) e perché hanno sempre quell’aria incazzata col mondo (solo adesso l’ho capito, quest’ultimo “perché”, sopraffatta da bimbo, lavori in casa e fuori nonché avvolta da questa generale ostilità che ti fa sentire una sfaccendata e frustrata buona-a-nulla lamentosa e, chissà perché, spossata).

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