3° giorno di vita del bebè.

Nome domestico del Signor Bebè: Topo, altrimenti detto Quello-Là. Peso di Emanuele Olmo dopo la dieta di solo colostro: 3.750 grammi.
ore 9: all’ospedale, ma ancora per poco. Ma perché tutti questi medici si preoccupano sempre della salute del bambino mentre stanno visitando me?! Perché mi congedano sempre dicendo che l’importante è che stia bene lui? Lui, grazie a Dio, sta benissimo. E’ accudito, amato, coccolato. Dorme, succhia, strilla come una sirena dell’ambulanza e poi riparte daccapo all’infinito. Ha avuto persino il massimo voto nella tabella di Apgar che definisce benessere e vitalità del neonato. Sono io, invece, che sto male; io che non riesco a dormire per il dolore; io che, pur stando da cani, devo farmi forza per accudire comunque questa creatura urlante, nutrirla (con quel che c’è, per ora), cambiarla e consolarla anche se è sorda ad ogni mia parola di conforto, purtroppo, per non dire della sua impermeabilità a ninna-nanne e favolette. Della sofferenza di una povera madre non gliene frega niente a nessuno. “Il parto è andato bene, no?”. Bé, dal punto di vista strettamente clinico direi di sì. “Il bebè è sano, no?”. Sì, sì. E allora, di cosa mi lamento? Vi manderei volentieri Thelma e Louise, a spiegarvelo…
ore 15: finalmente a casa! A proposito di allattamento: io non sono una di quelle mie compagne del corso di preparazione al parto che al pensiero di “attaccare il bimbo al seno” strabuzzano occhi invasati sopra alla pancia enorme sospirando sognanti che sperano “tanto di poter allattare il figlioletto…”. Io non mi sono mai sentita votata alla maternità – e quindi all’allattamento – in un modo così stucchevole. Tant’è che questa notte in ospedale ho dovuto insistere con le ostetriche ricolme di stizza integralista nei confronti di questa madre indisciplinata nella sua sonora determinazione a volere del pragmatico latte artificiale. A loro pareva irrilevante il fatto che il mio latte ancora non ci fosse e che il neonato ululasse famelico e indifferente ai loro sani principi. Poi però, qui a casa, arriva il latte! Sgorga come manna dalle tette inzuppando il mio vestito rosso. Io sono eccitatissima per l’evento (inatteso: avevo già fatto acquisire una bella scatola di polvere artificiale per fronteggiare lo strillante appetito della microscopica idrovora). Il Topo inizia a succhiare vorace con i suoi occhietti chiusi più che mai esquimesi, mentre le guance gli si ingrossano a vista d’occhio. Prima da una tetta, poi dall’altra, finché non crolla addormentato come un Buddha cucciolo e gonfissimo. Che tenerezza e che meravigliosa meraviglia! Posso muoverlo, sollevarlo e ribaltarlo, ma lui continua a ronfare ebbro di latte di mammmina! Come lo amo e come sono contenta di non essere più là in mezzo a tutti quei saputelli che continuamente mi dicevano cosa fare e cosa pensare.

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